Provate a immaginare di essere stranieri, appena arrivati a Como ed in cerca di un domicilio. Ma anche italiani, che hanno necessità di trovare una casa, ma senza avere la possibilità di sborsare, subito, cifre importanti per deposito cauzionale, mensilità anticipate.
Provate a pensare di aver trovato un lavoro, ma – di questi tempi – soltanto a tempo determinato, rinnovato poi rinnovato, poi rinnovato…
Provate a pensare che avete risposto a decine di annunci di abitazioni, per voi possibili, ma purtroppo inaccessibili per la mancanza di un contratto a tempo indeterminato, che avrebbe dato la possibilità di ottenere la residenza. Il gatto che si morde la coda: non potete avere la residenza perché non avete il contratto. E non potete avere il contratto di lavoro se non avete la residenza.
Il tam tam tra le persone disperate che hanno solo bisogno di un luogo dove risiedere, finalmente sfocia in una comunicazione piena di speranza: alle porte di Como, su una collinetta che neanche si distingue tra il verde degli alberi, c’è un campeggio. Là affittano i bungalows, senza farsi troppi problemi per la durata del contratto: per tutti c’è la richiesta di un deposito e di una mensilità anticipata. IL deposito deve dare la certezza al gestore che vi fermerete almeno quattro mesi, altrimenti dovrà conteggiarvi la permanenza come soggiorno in campeggio, con una tariffa giornaliera.
Correte a vedere, entrate in questo posto in mezzo agli alberi che si chiama “No Stress”. Subito si presenta una teoria di casette, piccole in legno, tipici bungalows da vacanze, che si perde nelle stradine interne alla struttura. Qualche casa in vetroresina, ma sempre piccola. È comunque una tappa raggiunta, ora sapete dove potrete dormire. Da dove partirete ogni mattina per recarvi al lavoro e dove tornerete per riposare.
Nelle casette ci sono due stanze e un bagnetto. In tutto qualche metro quadro riempito da un paio di letti. Niente cucina, ci si improvvisa nello spazio esterno con un fornello elettrico. Per il riscaldamento, in una stanza è installato un condizionatore, che usato come pompa di calore, fornisce calore a sufficienza.
Potete pensare ad un grosso sospiro di sollievo. Si riparte!
E invece…
Dopo qualche giorno, d’improvviso la fornitura del gas si interrompe. Chiamati i gestori, vi informano che per problemi tecnici, le autorità hanno tolto la fornitura. Sarà problema per qualche giorno, o settimana. O mese, prima di poter ripristinare lo stato precedente. Si sta senza acqua calda, la doccia in pieno inverno è obbligatoriamente fredda. Si risolve, si cerca un luogo dove potersi recare a fare una doccia, e si va avanti. Vi guardate intorno. Dalle cinquanta (e oltre) casette, gli ospiti escono esterrefatti, parlano tra di loro, decidono che non ci sono alternative se non quella di accettare e sperare che il problema si risolva.
Ma le sorprese non finiscono. Qualche giorno dopo, uno scarno comunicato della “direzione” informa i residenti che, a causa di un’ordinanza comunale, la struttura deve chiudere e voi dovete lasciarla al più presto.
Nonostante il contratto mensile prorogato per quattro mesi, nonostante il deposito a loro mani, nonostante il vostro estremo bisogno di un alloggio in pieno inverno, nonostante…
I residenti si incontrano nelle stradine, si preoccupano, si lamentano. Non ci sono soltanto persone che hanno contratti di locazione: nel campeggio giungono, ogni sera, turisti in vacanza, ospiti in visita alla città di Como, perla della Lombardia, citata in tutto il mondo come una specie di paradiso.
Qualcuno si mobilita, altri si accodano e confermano il loro appoggio. Si chiama il sindaco di Como, che dapprima non risponde, poi con un laconico messaggio tenta di rassicurare promettendo di attivare le giuste procedure. Per fare cosa, esattamente? Niente. Si avvisano i giornali locali, si parla con le televisioni. Dapprima il caso non viene preso in considerazione, poi – quando si comprende che il problema è ben più grande, anche perché riguarda almeno cinquanta persone che resterebbero all’addiaccio – qualche articolo compare sulle testate della provincia. Si invia una richiesta all’assessore per il turismo, si chiede comprensione ad aiuto.
Le informazioni che – via via – arrivano, sono allarmanti. La struttura non ha l’autorizzazione ad esercitare. I gestori presenti non sono quelli ai quali era stata concessa la licenza e non hanno i requisiti per ottenerla. Non solo: il terreno su cui insiste il campeggio, appartiene al Comune di Como, che una volta appaltato ai gestori, non se n’è più preoccupato. Non si è preoccupato di verificare che l’autorizzazione era valida solo da aprile a ottobre, e invece erano anni che il camping funzionava in questo modo. Non si è preoccupato di inviare i vigili sanitari per verificare le condizioni igieniche, né alcuno ha ritenuto di effettuare dei controlli sui cinquanta scaldabagni a gas, sulle tubature, sugli impianti elettrici. Nessuno. Ci si è accorti che qualcosa non andava, dopo che un ospite è stato trovato esanime della sua casetta, stroncato da un’esalazione di biossido di carbonio. Portato in elicottero al centro di soccorso di Niguarda, il povero ospite è ancora tra la vita e la morte. In quel momento, erano intervenuti i vigili del fuoco, l’azienda sanitaria, la polizia municipale.
Si scopre, però, che in un passato non troppo lontano, qualcuno si era già accorto di quelle anomalie, e aveva tentato di chiudere la struttura. Ma la presenza di quindici residenti aveva consigliato di… far finta di niente, e lasciare che le cose andassero per il verso loro.
In questo modo, si dava al gestore (non autorizzato né responsabile di alcunché) il tacito consenso di continuare con la sua politica folle di occupazione. E i contratti si sommavano ai contratti, il campeggio godeva di ottima salute (solo dal punto di vista occupazionale, perché da un primo sguardo, si può immediatamente scorgere che il tetto del ristorante-bar, è in amianto. Il Comune non se n’è accorto, nessuno ha rimosso quell’ondulato malefico.)
Quanti reati si possono configurare in questa situazione? La collina “del disonore” pullula di ospiti e di conigli, che crescono e si moltiplicano all’infinito, fornendo all’ambiente un aspetto rurale. Liberi tra i vialetti, si accoppiano, figliano, vivono beatamente (e forse in qualche caso finiscono pure in pentola), tanto nessuno controlla.
La parola d’ordine tra i residenti è: non ce ne andiamo. Neppure uno di noi deve lasciare questo luogo: abbiamo pagato, abbiamo contratti regolari, non ci sono più problemi di sicurezza, ora che il gas è stato scollegato. La “direzione” invita i residenti a restare, convinti che passerà anche questa tempesta.
Ieri, al rientro dal lavoro, i residenti si sono trovati un muro di vetture della polizia municipale. Una decina di agenti che bussava alle casette e parlava con gli alloggiati. Al termine, un ordine perentorio: entro domani tutti devono andare fuori. Nessuno può restare.
Né giovani baldanzosi all’inizio della loro vita lavorativa, né mogli speranzose di cominciare una nuova vita, né bimbi che hanno giocato nei vialetti del campeggio. Né persone anziane, né disabili, né persone in difficoltà. L’ordine riguarda tutti, senza la minima pietà né rispetto.
IL sindaco, dal suo scranno sopraelevato ha ben altro di cui occuparsi, che non di un posto nascosto laggiù, al confine della città, dove un manipolo di persone disperate si affanna per sopravvivere.